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Guida all’Alsazia e Friburgo nella Forestra Nera


colmar-turismobaratonet-1L’Alsazia

L’Alsazia (Alsace in francese, Elsass in dialetto alsaziano, variante del tedesco alemanno) è una regione francese composta da due dipartimenti: il Basso Reno (Bas-Rhin, Unterelsass) a nord e l’Alto Reno (Haut-Rhin, Oberelsass) a sud, vi è parlato oltre al francese l’alsaziano, un gruppo di dialetti alemanni molto francesizzati e non facilmente capiti da chi parla tedesco normale.

Geografia

La città principale e capitale naturale dell’Alsazia è Strasburgo (Strasbourg, Straßburg), che è anche il centro urbano più grande, nonché capoluogo del dipartimento del Basso Reno (o Bassa Alsazia o Nord-Alsazia). Seguono, per grandezza, Mulhouse (Mülhausen), e Colmar, quest’ultima capoluogo del dipartimento dell’Alto Reno (o Alta Alsazia o Sud-Alsazia, Sud-Alsace o Südelsass in tedesco).

Il territorio della regione confina con la Germania a nord (Renania-Palatinato) e a est (Baden-Württemberg), con la Svizzera a sud (cantoni Basilea Città, Basilea Campagna, Soletta e Giura) e con le regioni Franca Contea a sud-ovest e Lorena a ovest.

L’Alsazia è una regione che comprende anche il Territorio di Belfort.

Con la sua superficie di soli 8.280 km² è la più piccola delle regioni francesi.

La morfologia delle regione presenta:

• a est, la pianura dell’Alsazia, percorsa dal Fiume e caratterizzata da un’agricoltura cerealicola.

• a ovest, i Vosgi tagliato dalle valli degli affluenti del fiume Ill. In questa zona si erge il Grand Ballon che con i suoi 1.424 metri segna l’altitudine massima della regione. L’economia della zona si caratterizza per i pascoli d’altura.

• le colline meridionali, con i filari di vitigni alsaziani, uniscono le due zone.

Clima

Se il clima alsaziano non gode di una buona reputazione è principalmente a causa del rigore degli inverni. D’ altra parte la presenza delle vigne testimonia del calore e del soleggiamento del periodo estivo. Al riparo dei Vosgi, l’Alsazia ha una media di precipitazioni inferiore a quella delle regioni vicine. Colmar gode del resto di un microclima molto secco : è la seconda città più secca di Francia, con solo 550 mm di pioggia per anno ! Il clima alsaziano è semi-continentale con delle forti escursioni.

La primavera (dal 21 marzo al 21 giugno)

Benché a volte capricciosa, la primavera è generalmente dolce e luminosa con qualche acquazzone e la possibilità di ondate di freddo. Le cime più alte dei Vosgi ancora innevate contrastano con il verdeggiante colore dei prati. Nel mese di maggio, la fioritura invade le campagne e annuncia l’arrivo dell’estate.

Storia

A differenza delle regioni confinanti, l’Alsazia non ha mai conosciuto un periodo di unità e autonomia. Per molti secoli è stata suddivisa in piccole zone politiche, principalmente fu sottomessa al Sacro Romano Impero.

Abitata anticamente da popolazioni celtiche (Sequani, Rauraci), fu sotto il dominio romano dal 58 a.C. fino al V secolo, quando fu invasa dai Vandali, dagli Alani e infine dagli Alamanni. Fu conquistata dai franchi di Clodoveo alla fine del V secolo, cristianizzata dai monaci di s. Colombano ed entrò a far parte del regno di Austrasia nel VI secolo.

Sotto i Carolingi fu costituita in contea e col Trattato di Verdun (843) fu assegnata a Lotario; alla morte di Lotario II passò alla Germania e fu incorporata al ducato di Svevia. Fu quindi divisa nei due langraviati dell’Alta e della Bassa Alsazia, che restarono sotto gli Asburgo fino al 1648.

In realtà l’Alsazia, durante tutto il Medioevo, fu costituita da un mosaico di signorie, di fatto autonome, accanto alle quali le principali città, sottrattesi alle autorità feudali, costituirono una lega, la Decapoli alsaziana (1354), sotto la protezione dell’imperatore, ma di fatto indipendente. Poco dopo anche Strasburgo si emancipava dalla signoria vescovile.

Durante la guerra dei Trent’anni l’Alsazia, che era stato un fertile territorio per la diffusione della Riforma, subì l’influsso francese e le Paci di Westfalia (1648) cedettero alla Francia i langraviati dell’Alta e della Bassa Alsazia e la prefettura della Decapoli.

Luigi XIV rese definitiva l’unione di tutta l’Alsazia, compresa Strasburgo (1681), alla Francia, cui rimase fino al 1870, quando fu annessa assieme alla Lorena alla Germania (Trattato di Francoforte, 1871), in seguito alla guerra franco-prussiana. Nel 1919 fu restituita alla Francia con il Trattato di Versailles. Occupata dai Tedeschi nel 1940, fu liberata dagli Alleati nel 1944. Diverse forme del dialetto alsaziano, variante molto francesizzata del tedesco alemanno, sono tuttora parlate e diffuse in questa regione.

Colmar

Colmar è stata definita da qualcuno un libro di fiabe nordiche a cielo aperto.colmar_12

La capitale dell’Alto Reno conta circa 65.000 abitanti ed è situata in felice posizione tra il Reno e i monti Vosgi. Con i suoi edifici medievali e rinascimentali, affacciati sulle strade acciottolate, rappresenta la tipica città alsaziana. La città in realtà ha due anime, una francese e una tedesca. La storia ha deciso che Colmar dovesse essere francese ma l’anima tedesca non è meno presente, a partire dalla lingua alle scritte dei locali in carattere gotico, dai cognomi delle famiglie ai nomi dei vini, allo stile architettonico della maggior parte delle case e dei palazzi. Nonostante questo, le popolazioni germaniche di queste terre si sono sempre più sentite parte della nazione francese.

Colmar fu attivo centro dell’arte renana e di questo prestigioso passato rimangono ricche collezioni, sopratutto risalenti al XV e XVI secolo.

A livello urbanistico la città conserva la divisione in piccoli quartieri, ognuno dei quali in passato era legato (ed ospitava) una specifica corporazione. Lungo le caratteristiche vie del centro storico si trovano antiche case in legno e pietra dalle facciate riccamente decorate. Tra tutte forse la più rappresentativa è la Maison Pfister, all’incrocio tra rue des Marchands e rue Mercière. Tutto l’anno queste strade antiche invitano a infinite passeggiate, tra case medievali, facciate pastello, botteghe artigiane, giardini e cortili segreti.

Place de la Cathédrale, la piazza principale della città, è dominata dalla gotica chiesa di Saint Martin del XIII -XIV secolo. La facciata dell’edificio in pietra arenaria gialla è tripartita da contrafforti e fiancheggiata da un campanile con pinnacolo di rame in stile mongolo (1572). Il timpano del portale duecentesco presenta rilievi che raffigurano l’Adorazione dei Magi e il Giudizio Universale. Nel transetto destro si apre il portale di Saint Nicolas con sculture di Maistres Humbert risalenti al XIV secolo. L’interno a tre navate è celebre per il cupo deambulatorio (ovvero il corridoio) che circonda il coro esagonale. Nella cappella si trova un pregevole crocifisso in legno risalente al XIV secolo.

L’Église des Dominicains, situata nell’omonima piazza, è una chiesa gotica sconsacrata, dal fascino particolare e suggestivo dove vale la pena entrare. La chiesa è nota per le splendide vetrate trecentesche dalle quali entra la luce ad illuminare gli interni altissimi e bui. Belle le opere lignee del ‘700 e celebre il dipinto della Vergine al roseto, capolavoro di Martin Schongauer del 1473 dove la vergine, con splendidi capelli rossi e ricci, indossa una veste rossa dello stesso colore delle rose che le fanno da sfondo e il bambino che porta in braccio le cinge teneramente il collo.17

Il Musée d’Unterlinden, MUSE_D~1assolutamente da non perdere, ha sede in un monastero domenicano del XIII secolo; è famoso in tutto il mondo per la bellezza dell’Altare di Issenheim.musee_unterlinden-_2 Questo altare è un’opera grandiosa e complessa, dove si mescolano pittura, scultura e architettura. L’altare è lungo 6 metri e alto 3. Si tratta di un telaio di legno fatto da 4 ante dipinte fronte/retro e apribili/chiudibili, due sportelli fissi e una predella (una fascia dipinta che veniva collocata sotto il quadro e ne completava la rappresentazione). Le ante rappresentano scene differenti a seconda della loro posizione. La prima rappresentazione sulle ante (quando gli sportelli sono chiusi), da sinistra a destra, mostra San Sebastiano, la Crocefissione e Sant’Antonio (nella predella, la fascia lunga e stretta in basso è rappresentato il Compianto sul Cristo morto). La seconda rappresentazione, ottenuta aprendo i primi sportelli, presenta la Annunciazione, l’Allegoria della Natività e la Resurrezione. La terza rappresentazione che si ottiene aprendo le ante successive mostra al centro le statue lignee di Sant’Antonio Abate, Sant’Agostino e San Girolamo, mentre nella predella in basso mostra le sculture con il Cristo fra gli apostoli, eseguite da Niklaus Hagenauer di Strasburgo (fine XV secolo). Il polittico (ovvero il dipinto diviso in più parti contornato da cornici di legno) in esso custodito, con scene tratte dal Nuovo Testamento, è stato dipinto da Mathias Grunewald negli anni 1512-1516.

Tutto il complesso pittorico che oggi costituisce l’Altare di Issenheim era un tempo ospitato nel monastero ospedale a cui abbiamo accennato ed aveva funzione terapeutica e consolatoria insieme, accompagnando i malati nella speranza della guarigione e nella fede della salvezza.

Colmar è irresistibile durante tutto l’anno, ma a Natale sembra veramente di essere dentro una fiaba camminando in città. Le luminarie decorano tutte le case e i palazzi, ci sono 5 mercatini nelle piazze del centro, una pista di pattinaggio all’aperto, canti di natale provenienti da ogni angolo. Il centro storico è rigorosamente chiuso al traffico e oltre a degustare prodotti tipici, dolcetti e bevande fumanti potrete acquistare addobbi natalizi, prodotti dell’artigianato locale, originali ricordini da regalare agli amici o custodire come ricordo di una vacanza suggestiva.

Qualche notizia storica per meglio comprendere l’essenza di questa cittadina. Nel IX secolo Colmar si chiamava Columbaria, per via dei suoi allevamenti di piccioni. A partire dal XIII secolo la città vide affermarsi una ricca borghesia a scapito del potere ecclesiastico. In questo periodo la città prosperò grazie soprattutto al commercio del vino. Allo stesso tempo fiorirono le arti. Nel 1675 Colmar entrò a far parte del regno di Francia con il conseguente riaffermarsi del cattolicesimo nella zona. Quindi nel 1871, con la sconfitta di Napoleone III, l’Alsazia tornò alla Germania fino alla fine della Prima Guerra Mondiale. Rioccupata dai tedeschi durante la Seconda Guerra Mondiale, tornò definitivamente alla Francia nel 1944.

Come accennavamo poco prima, a partire dal XIII secolo Colmar si arricchì molto grazie al commercio del vino. Tutt’oggi la città è un importante e famoso centro vinicolo, che ogni anno, in agosto ospita, la grande Foire des Vins, un vero festival dei vini alsaziani con espositori di prestigio e una grande affluenza di pubblico. Questo festival può definirsi davvero storico ed ha superato le 60 edizioni. Quasi 400 gli espositori, grande teatro all’aperto con 10.000 posti dove ogni anno si tengono concerti e performance, e poi ancora convegni, tavole rotonde e ovviamente degustazioni.

La storia del vino alsaziano è molto particolare. Il vino, sopratutto il bianco di queste zone, era apprezzato sin dall’anno 1000 d.C. Purtroppo le tante guerre che segnarono il secolare scontro tra francesi e tedeschi arrecarono distruzioni e devastazioni a queste terre e ai vitigni. Pensate che addirittura dopo la Guerra dei Trentanni fu necessario un completo reimpianto dei vigneti. Luigi XIV rilanciò e valorizzò questo patrimonio ma, con l’annessione alla Germania nel 1871, l’amministrazione tedesca decise di favorire la regione della Mosella, a scapito dell’Alsazia, spingendo in queste terre per la coltivazione di uve e vini a buon mercato. Fu anche per questo fatto che i viticoltori furono ben felici di tornare alla Francia nel 1918. Da quel momento infatti la regione tornò ai vertici mondiali per produzione e qualità dei vini. Tra gli altri si ricordiamo i Pinot bianchi, i Tokay Pinot Grigi, il Muscat e i Pinot Neri.

Ristoranti a Colmar

Capitale europea e alsaziana, Strasburgo è anche la settima città francese. Ad un tempo universitaria e turistica, è una città giovane che offre un perfetto equilibrio fra patrimonio storico e dinamismo economico. Così, gli amanti dei monumenti, della buona tavola e della cultura avranno tutti i motivi per innamorarsi di questa città. La ricchezza e la quantità dei luoghi da scoprire impone una selezione preliminare da parte del visitatore, secondo i suoi gusti e i suoi interessi prioritari.

Ad ogni quartiere la propria identitàstras notre

La città di Strasburgo, come molte grandi città, possiede dei quartieri con identità distinte, intimamente legate alla loro storia e ai loro abitanti. La città si limitava al vecchio centro fino al XIX secolo. Questo spiega la sorprendente ricchezza di questo settore, che è incontestabilmente il più bello esteticamente e il più pittoresco della città. Circondato dalle acque dell’Ill, in esso si concentrano i principali luoghi e monumenti che hanno reso famosa Strasburgo : la Cattedrale, la Maison Kammerzell o la Petite France. A est del centro storico si trova il quartiere tedesco, formato da larghi viali fiancheggiati da maestosi edifici « haussmanniens ». Si può, in particolare, ammirare place de la République e i suoi imponenti monumenti, il palazzo universitario o la Posta Centrale. Uno dei settori più animati di Strasburgo è senza dubbio il quartiere della Krutenau, popolare e studentesco. Numerosi bar, ristoranti e negozi di quartiere animano questo quartiere accogliente, che conserva l’aspetto di un piccolo villaggio. Infine, ci sono i quartieri residenziali (in particolare l’Orangerie e la Robertsau) che offrono delle passeggiate molto piacevoli. Qui si possono scoprire le istituzioni europee e splendide case padronali.

La Maison Kammerzell222px-Kammerzell-Haus-Strassbourg

La Maison Kammerzell, un vero gioiello cittadino, ha assistito ai momenti di maggiore sfarzo di varie generazioni di mercanti e commercianti.

Edificata verso la fine del XVI secolo da un ricco commerciante di tessuti, questa dimora ospita attualmente un ristorante dove si possono assaggiare le migliori specialità francesi, dal choucroutes al foie gras, al tarte flambée dessert.

Il piano terra ricorda ancora l’attività commerciale dei suoi proprietari (archi e portici dovevano proteggere e riparare venditori e clienti), mentre la parte superiore, quella destinata ad abitazione, presenta la classica decorazione a graticcio tipica delle case alsaziane, anche se nella Maison Kammerzell, il legno delle travi è impreziosito da ricche decorazioni e intagli che raffigurano i segni zodiacali, personaggi biblici, eroi dell’antichità e medievali.

Petite France, grazie ai suoi meravigliosi canali, è il quartiere più caratteristico del centro storico di Strasburgo, dove in passato abitavano e lavoravano pescatori, mugnai e conciatori.6_of_10_-_La_Petite_France,_Strasbourg_-_FRANCE

Le bellissime case in legno a vista risalgono al XVI e XVII secolo. I tetti spioventi proteggono i granai dove un tempo venivano fatte seccare le pelli. A un estremo di questo quartiere si trovano i Ponts Couverts considerato uno dei punti più pittoreschi di Strasburgo.The-Alsace-La-Petite-France-Strasbourg-Alsace-France-646x970

Essi hanno conservato il loro nome nonostante abbiano perso le coperture nel XVIII secolo. Sono dominati da quattro torri del XIV secolo, vestigia di antichi bastioni che vegliavano sull’indipendenza della repubblica strasburghese.

Subito dopo l’annessione di Strasburgo alla Francia nel 1681, una nuova cinta muraria venne edificata dall’ingegnere Vauban. Dai Ponts Couverts ci si può inoltrare nelle stradine del Finkwiller, antico quartiere di conciatori e pescatori della riva destra, oppure nelle deliziosa rue du Bain-aux-Plantes e rue des Dentelles, tra le case in legno animate di logge, frontoni e alti camini.barrage-vauban-strasbourg-1357767426

A qualche metro di distanza dai Ponts Couverts, intorno al 1690 fu costruita, ad opera di Tarde, la Diga Vauban, detta Grande Ecluse (“grande chiusa”) perché, in caso di necessità, permetteva di inondare tutta la parte sud di Strasburgo.

In cima all’edificio è stato allestito un gradevole belvedere, da dove si possono ammirare la città e i canali. La Diga Vauban è aperta tutti i giorni (eccetto il 14 e 15/07) dalle 9.00 alle 19.30. Ricordiamo che l’ingresso è libero.

La cattedrale di Notre-Dame è stata edificata sull’area dove un tempo si ergeva una cripta di età romanica. La prima pietra è stata posta nel 1015 dal Vescovo Wernher de Hobourg.

Il capolavoro fu completato nel XV secolo con la svettante guglia di coronamento della torre sinistra della facciata considerata da Victor Hugo un “Prodigio di grandezza e leggiadria”.

La struttura presenta elementi romanici influenzati dall’arte gotica, basta osservare la navata centrale con le sue volte ogivali, i pilastri sottili a fasci e le vetrate policrome.

Sulla facciata si aprono tre portali ornati di sculture sontuose. Quello di destra rappresenta la parabola delle Vergini Sagge e delle Vergini Stolte, quello di sinistra rappresenta le Virtù che trionfano sui vivi. Il portale centrale è affiancato da dieci statue di profeti.

A sud, ci sono le due statue femminili che abbelliscono le due porte romane del portale dell’Orologio che rappresentano rispettivamente la chiesa e la Sinagoga. Il portale collocato sul lato sinistro risale al XV secolo e raffigura il martirio di San Lorenzo. Esternamente le centinaia di sculture che sembrano staccarsi dalla parete ne accentuano i chiaroscuri. Il tono dell’arenaria rosa cambia secondo le ore del giorno e il colore del cielo.

Le sere d’estate, la luce crea una scenografia incantevole. Internamente invece la navata slanciata ispira al raccoglimento. Le vetrate del XII-XIV secolo, formate da 4600 pannelli e da 500.000 elementi, raffigurano la storia secolare dell’edificio e della città: dal Nuovo Testamento, nel lato sud, ai re e imperatori, nel lato nord inferiore, alla Vergine Protettrice della città nell’abside, creando dei suggestivi giochi di luce.

Ristoranti a Strasburgo

La Linea Maginot è un complesso integrato di fortificazioni, opere militari, ostacoli anti-carro, postazioni di mitragliatrici, sistemi di inondazione difensivi, caserme e depositi di munizioni realizzati dal 1928 al 1940 dal Governo francese a protezione dei confini che la Francia aveva in comune con il Belgio, il Lussemburgo, la Germania, la Svizzera e l’Italia. Il sistema è caratterizzato dalla non contiguità delle varie componenti e dall’estesa utilizzazione del tiro fiancheggiante in maniera integrata con il tiro diretto. Benché il termine “Linea Maginot” si riferisca all’intero sistema di fortificazioni, esso viene spesso usato solo al riguardo delle difese sul confine franco-tedesco. Le difese sul confine franco-italiano sono anche note con il termine “Linea Maginot Alpina” (in francese Ligne Alpine).linea maginot

Il suo sviluppo e la sua costruzione furono strettamente legati alle esperienze della prima guerra mondiale; martellanti bombardamenti di artiglierie pesanti, l’uso di prodotti chimici (gas asfissianti, vescicanti, ecc), fronti statici articolati su imponenti sistemi trincerati e l’uso di fortificazioni permanenti e campali il più possibilmente protette, fecero credere all’esercito francese, come a tutti gli altri eserciti europei, la necessità di proteggere i propri confini con una o più imponenti linee fortificate, teoricamente inespugnabili da attacchi diretti.

La sua costruzione

Dopo la Grande Guerra, tra lo stato maggiore dell’esercito francese, vi era una forte contrapposizione tra chi propugnava una difesa con un forte esercito mobile, in grado di muoversi rapidamente attraverso il territorio, e chi invece proponeva una difesa statica, formata da una impenetrabile serie di fortificazioni permanenti ancorate al terreno, da predisporre già in tempo di pace.

La linea difensiva francese: la Linea Maginot

Sostenitore per la costruzione della linea fu fin dal 1922 il Maresciallo di Francia Philippe Pétain, che con l’appoggio di altri due ex combattenti a Verdun, il ministro André Maginot (che poi diede il nome alla linea) e il Capo di Stato Maggiore francese Marie-Eugène Debeney, convinse il governo ad iniziare la costruzione di una imponente linea difensiva permanente.

Anche se alla fine prevalse una soluzione intermedia, dove la protezione del fronte nord, al confine con il Belgio, fu affidato a truppe mobili, mentre il confine nord-est con Lussemburgo, Germania e il confine alpino con l’Italia, fu affidato in gran parte ad opere permanenti, la Linea iniziò ad essere costruita, e rappresentò per molti anni un problema per i tedeschi, che nel 1940 “aggirarono” letteralmente con l’impiego dei panzer.

La Linea Maginot fu quindi una difesa costruita non interamente lungo i confini nazionali, ma difendeva solo alcune parti di territorio francese per diverse ragioni:

Ragione geografica: le regioni di Alsazia e Lorena, acquisite dopo la prima guerra mondiale, erano prive di un sistema difensivo adeguato, in quanto le difese tedesche nella zona erano obsolete e non adatte ai nuovi standard, oltre che non disposte verso il nemico. Inoltre la regione essendo priva di ostacoli naturali e avendo grandi vie di comunicazione era facilmente utilizzabile e attraversabile dal nemico; quindi venne ampiamente fortificata con opere permanenti, al contrario dei confini con le Ardenne (ritenute insuperabili da un moderno esercito) e con il Reno.

Ragione economica: le zone industriali e minerarie del paese erano prossime al confine con la Germania, e un attacco di quest’ultima avrebbe potuto privare la Francia delle zone più importanti per l’economia e gli approvvigionamenti dello stesso esercito.

Ragione demografica: le enormi perdite in vite umane causate dal primo conflitto mondiale aveva causato in Francia un decremento delle nascite, non tanto per il milione e trecentomila tra morti, feriti e mutilati, ma perché quei morti erano per lo più giovani che non contribuirono alla naturale crescita demografica, privando la nazione di una nuova leva arruolabile. Per questo la linea fortificata avrebbe permesso di risparmiare sul numero di soldati da impiegare e li avrebbe sottratti agli effetti dei bombardamenti proteggendoli in casematte praticamente indistruttibili.

Ragione militare: il sistema di mobilitazione dell’esercito francese richiedeva all’incirca tre settimane per poter disporre di un esercito in piena efficienza sulle frontiere, lasciandole quindi indifese soprattutto in caso di un attacco portato senza una dichiarazione di guerra. Quindi il predisporre linee fortificate presidiate da reparti appositi, avrebbe consentito di impegnare un eventuale attacco tedesco il tempo necessario per mobilitare l’esercito francese.

Ragione politica: il Trattato di Versailles non era ritenuto sufficiente per garantire la sicurezza alla Francia da un attacco tedesco, ritenuto possibile anche se non a breve termine. In più la Germania non aveva conosciuto le devastazioni materiali che avevano interessato la Francia, in cui si volevano evitare nuove distruzioni, e allo stesso tempo contrastare efficacemente un nemico ancora in perfette condizioni industriali, morali ed economiche anche se in subbuglio politico.

Inizia la costruzione

Interno del Forte di Schoenenbourg, una delle più grandi opere di fortificazione

Gli strateghi francesi concepirono una fortificazione adatta ad una guerra simile a quella appena terminata, ovvero nient’altro che un’evoluzione dei forti di Verdun che ben avevano resistito agli attacchi dell’artiglieria tedesca.

Dato che non era possibile creare una linea fortificata continua, e non avrebbe potuto esserlo, vennero fortificati i settori più vulnerabili e importanti al confine con opere permanenti complesse e fortemente protette, mentre dove il territorio di per sé stesso rappresentava già un grosso ostacolo, vennero costruite casematte isolate che battevano il territorio o vennero predisposti territori da inondare in caso di necessità.

Nel progetto iniziale, quindi, la Linea Maginot era formata essenzialmente da due grandi regioni fortificate al nord-est, la Regione Fortificata di Metz e la Regione Fortificata di Lauter e da tre grandi settori fortificati sulle Alpi, il Settore Fortificato del Delfinato, quello della Savoia e quello delle Alpi Marittime. Solo successivamente vennero realizzate alcune opere a nord nei confini col Belgio, perché le due nazioni avevano firmato un’alleanza nel 1920, secondo il quale l’esercito francese avrebbe operato in Belgio se le forze tedesche lo avessero invaso. Ma quando il Belgio abrogò il trattato nel 1936 e dichiarò la neutralità, la Linea Maginot venne rapidamente estesa lungo il confine franco-belga, ma non con agli standard del resto della Linea.

Tutta la fascia di frontiera era suddivisa in Settori Difensivi (dove non erano previste opere permanenti) e Settori Fortificati (dove invece il fronte era dotato di opere C.O.R.F.), a loro volta questi ultimi erano formati da Sottosettori, Quartieri e ‘Sottoquartieri, comprendenti al loro interno un numero variabile di Opere di fortificazione.

Il problema dei finanziamenti iniziali, venne affrontato dal Ministro della Guerra André Maginot, che riuscì a convincere il parlamento ad investire in questo progetto garantendo i primi stanziamenti necessari all’avvio dei lavori, anche se non fece in tempo a vedere l’opera completa in quanto morì il 6 gennaio 1932.

Il ministro francese della guerra, André Maginot, uno dei principali artefici della costruzione della linea

La Linea venne costruita in diverse fasi a partire dal 13 gennaio 1928 dalla S.T.G. (Section Technique du Génie, Sezione Tecnica del Genio) supervisionata dalla C.O.R.F., i lavori accelerarono però nel 1930, quando Maginot ottenne un cospicuo finanziamento dal governo.

La costruzione principale venne completata entro il 1935 ad un costo di circa tre miliardi di franchi. Le specifiche per le difese erano molto alte, con bunker numerosi e interconnessi per migliaia di uomini, c’erano 108 opere di fortificazione a 15 chilometri di distanza l’uno dall’altro, inframmezzati da opere fortificate minori e casematte. In tutto l’opera è costata 5 miliardi di franchi e nelle innumerevoli fortificazioni potevano alloggiare fino a 2 milioni di soldati.

Ci fu uno sforzo finale nella fase realizzativa, nel biennio 1939-40, con miglioramenti generali lungo tutta la Linea. La Linea finale era più robusta attorno alle regioni industriali di Metz, Lauter e dell’Alsazia, mentre altre aree erano in confronto solo debolmente difese.

L’opera nel concetto

Il concetto base della Linea Maginot era un’ossatura costituita da possenti opere di fortificazione, (in francese grandes ouvrages), distanziati tra loro di circa 5 km completamente collegati sottoterra, con alcune postazioni “emergenti”, armati prevalentemente di mitragliatrici e artiglierie di piccolo calibro, che si proteggevano l’un l’altro e che controllavano i tratti di frontiera e le relative vie di accesso.

Tra questi erano posizionati fortificazioni minori (in francese petites ouvrages), casematte e bunker di varia potenza di fuoco e dimensioni che rendevano continuo il fronte, controllandolo con mitragliatrici e pezzi anticarro.

Molto importante era anche l’ostacolo passivo antistante tutta la Linea, un ostacolo costituito da un profondo reticolato di filo spinato e sei file di putrelle infisse nel terreno che doveva fermare la fanteria e i carri nemici. In posizione arretrata poi c’erano due linee di resistenza che consentiva alle truppe di ripararsi dai bombardamenti.

Altrettanto fondamentale fu la costruzione di una importante rete stradale e ferroviaria che consentiva un adeguato approvvigionamento di materiali a tutta la Linea, e garantiva una adeguata mobilità lungo tutta la stessa collegando una lunga serie di caserme di sicurezza dove erano sistemati i reparti di uomini a presidio della Linea che così avrebbero potuto raggiungere le varie postazioni in breve tempo.

La Linea Maginot era poi completata da batterie allo scoperto, postazioni di artiglieria su affusto ferroviario, una complessa rete di distribuzione elettrica formata da cavi interrati e interconnessioni tra le diverse opere, una rete telefonica militare e infine una serie di avamposti destinati a rallentare le truppe avversarie prima di raggiungere la Linea principale, e le postazioni più avanzate in assoluto, cioè i dispositivi di confine costituiti da barriere mobili, sbarramenti rapidi, case fortificate ubicati a pochi metri dalla frontiera e necessari a resistere durante i primi momenti dell’attacco e per dare l’allarme in caso di attacco a sorpresa alla linea principale.

Un reticolato anticarro antistante la Linea Maginot

Suddivisione e struttura delle opere

La classificazione principale delle strutture della Linea Maginot riguarda le dimensioni delle opere di fortificazione, suddivise in opere minori e maggiori (in frances petites e grandes ouvrages) dove le prime erano armate esclusivamente con mitragliatrici, mortai da 50mm (in torretta o casamatta) ed eventualmente pezzi anticarro. Queste opere potevano essere sostituite, a seconda dei casi, da un’unica grande casamatta oppure da diversi blocchi (da 2 a 5) collegati da una serie di gallerie sotterranee; le seconde invece potevano collegare fino a 19 blocchi grazie a grandi sviluppi di gallerie sotterranee.

Alcune tra le opere maggiori di fortificazione raggiunsero notevoli dimensioni, ad esempio il forte Hochwald (Grand Ouvrage Hochwald), composto da 14 blocchi da combattimento più 9 casematte del fossato, collegate da 8 chilometri di gallerie, in grado di ospitare 1070 uomini e 21 pezzi, oppure il Grand Ouvrage Hackenberg con 19 blocchi, 8 chilometri di gallerie, 1082 uomini a presidio e 18 pezzi di artiglieria[1].

Generalmente le grandi opere di fortificazione erano formate da due ingressi principali, uno per materiali e munizioni e l’altro per gli uomini; da queste entrate si accedeva quindi a un complesso sistema di gallerie protette dalla roccia, dal quale si poteva accedere a caserme, ricoveri per la truppa, depositi di munizioni e viveri, camere per i gruppi elettrogeni e per i sistemi di ventilazione e comunicazione, oltre che alle numerose postazioni di difesa, il vero fulcro della Linea Maginot.

Dalle gallerie principali, binari a scartamento ridotto conducono a diversi pozzi verticali con ascensori e scale che portavano alle varie casematte di artiglieria o fanteria, torrette di artiglieria e fanteria oppure blocchi misti che comprendevano più tipologie e torrette di osservazione.

Analogamente, le opere minori di fortificazione avevano la stessa struttura di quelle maggiori, ma con dimensioni più modeste, una sola entrata, o, in alcuni casi, potevano essere costituite da un solo blocco di combattimento dove si potevano trovare le postazioni, le camerate e tutti i locali necessari.

Infine per rendere la Linea il più continua possibile, furono costruiti tra le varie opere, una serie di piccole casematte e osservatori per dirigere il tiro.

Diverso territorio, diversa concezione

Al confine con la Germania, il terreno prevalentemente pianeggiante che caratterizzava il confine, fece decidere agli ingegneri francesi la necessità di approntare la Linea sotterrandola il più possibile nel terreno e creando un complesso sistema di gallerie e ricoveri sotterranei per difendere la struttura da eventuali bombardamenti, e nel contempo, per allontanare il più possibile dalla zona di frontiera gli ingressi.

Mentre al confine con l’Italia, il terreno montuoso e quindi la difficoltà dell’avversario di mettere in posizione artiglierie pesanti in prossimità della frontiera, fece propendere gli ingegneri nel decidere di costruire opere di piccole dimensioni con minore sviluppo di gallerie, senza però diminuire la funzionalità e l’efficacia.

L’armamento e la sua protezione

Schema del complesso sistema di funzionamento di una torretta a scomparsa del tipo impiegato sulla Linea Maginot.

Esistono due tipi di protezione per le armi: le casematte e le torrette corazzate.

Le casematte sono dei blocchi in cemento armato spessi fino a 3,5 m in cui vengono installati i pezzi d’artiglieria e le armi di fanteria.

Le torrette corazzate possono essere divise in due categorie:

Le torrette fisse, chiamate “campane” (in francese cloches) servono per l’osservazione e possono essere equipaggiate con diversi tipi di periscopio o, a seconda del tipo, armate con armi di fanteria come fucili mitragliatori e mitragliatrici binate.

L’invasione tedesca durante la seconda guerra mondiale

Il piano di invasione tedesco del 1940 (nome ufficiale Sichelschnitt, ma spesso indicato anche come Fall Gelb) venne studiato tenendo in grande considerazione la Linea Maginot. Una forza civetta si appostò davanti alla Linea, mentre la vera forza d’attacco tagliò attraverso il Belgio e i Paesi Bassi, attraverso la Foresta delle Ardenne che giaceva a nord delle difese principali dei francesi. In questo modo i tedeschi furono in grado di aggirare la Linea Maginot.

Attaccando dal 10 maggio, le truppe tedesche varcarono i confini della Francia nel giro di cinque giorni e continuarono la loro avanzata fino al 24 maggio, quando si fermarono vicino a Dunkerque. Per i primi di giugno i tedeschi avevano tagliato la Linea dal resto della Francia e il governo francese iniziò a trattare l’armistizio. Quando le forze alleate invasero, nel giugno 1944, la Linea venne ancora una volta ampiamente aggirata, con i combattimenti che toccarono solo una parte delle fortificazioni vicino a Metz e nel nord dell’Alsazia, verso la fine del 1944.

Mentre da nord i reparti corazzati tedeschi avanzavano implacabilmente, il 10 giugno il governo italiano dichiarò guerra ad una Francia quasi in ginocchio e, dopo quasi dieci giorni di stasi nelle operazioni, il 20 gli italiani attaccarono le postazioni francesi senza grandi risultati. Dopo giorni di combattimenti l’esigua avanzata italiana fu aiutata dalla firma dell’Armistizio di Villa Incisa che permise all’Italia di entrare in territorio francese senza incontrare resistenza, concludendo così la Battaglia delle Alpi.

Il dopoguerra

Dopo la guerra la Linea rientrò a far parte delle infrastrutture demaniali militari dello Stato francese, anche se fin dall’inizio ne fu decisa la dismissione, a causa degli enormi cambiamenti che avevano subito le dottrine, le tecnologie e le tattiche di combattimento durante la Seconda Guerra Mondiale, che, di fatto, l’avevano resa assolutamente inutile.

Con la nascita della deterrenza nucleare indipendente della Francia nel 1969, la struttura fu abbandonata e intere sezioni furono vendute all’asta a privati.

Ad oggi gran parte delle strutture sono visitabili, alcune dopo un attento restauro possono essere visitate con all’interno ancora tutti i confort dell’epoca, altre invece sono in parte o del tutto abbandonate ma comunque visitabili con cautela.

La linea come stereotipo

Il termine “Linea Maginot” è stato usato come metafora per qualcosa cui si fa affidamento pur essendo inefficace. In realtà la Linea fece ciò per cui era prevista, sigillando una parte di Francia e costringendo l’aggressore a girargli attorno. Nella visione originaria, la Linea Maginot era parte di un più ampio piano di difesa, nel quale gli attaccanti avrebbero incontrato la resistenza dell’esercito francese, ma i francesi non implementarono l’ultima parte, portando alla perdita di efficacia della Linea.

Forte di Simserhof

É una fortezza di grandi proporzioni composta da tre edifici all’interno dei quali è possibile trovare: torri, percorsi sotterranei, magazzini d’artiglieria e “baracche”. E’ stato costruito tra il 1929 e 1933 ma non è stato utilizzato sino al 1938. Composto da 8 blocchi di combattimento, 2 blocchi d’entrata, 18 pezzi d’artiglieria e 6 cannoni anticarri. Poteva ospitare 800 soldati. Una settimana prima della dichiarazione di guerra il forte era già operativo. Durante la guerra la sua attività si limitava a degli sporadici duelli d’artiglieria contro i cannoni tedeschi situati dall’altra parte della frontiera. Dopo l’armistizio il forte fu occupato dai tedeschi che lo trasformarono in un deposito di munizioni. Dopo la guerra le armate francesi restaurarono il forte e lo rimisero in stato d’attacco. Restò funzionale fino agli inizi degli anni 70. All’interno è presente un museo di artiglieria leggera. La visita aperta al pubblico copre solo 400 metri di galleria contro i 5 km che conta il forte. Per quanto riguarda la parte interna sono presenti numerosi elementi difensivi come per esempio il cancello in ferro ed una trincea coperta da un ponte levatoio, in grado di ruotare verso un altro “appoggio”, al fine di impedire ai veicoli di accedere al forte stesso. Oltre ad una galleria d’entrata è presente una galleria principale che si dirama in numerosi altri tunnel; questa parte del forte conteneva l’infermeria, le cucine e le dispense.

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Itinerario alla scoperta di una delle regioni vinicole più antiche di Francia. Dove il sole riscalda vigneti che regalano uve sublimi, per etichette eleganti. Un percorso tra Grand Cru e Vendage Tardive da assaporare ospiti delle storiche Maison d’Alsazia, attraverso una strada lunga 170 chilometri

Terra di grande fascino e di storia, l’Alsazia è una delle regioni vinicole più antiche di Francia. Dalle vigne che scendono dai monti Vosgi e arrivano fin quasi alle rive del Reno, si ottengono ogni anno oltre 160 milioni di bottiglie di vino, il 25% del quale è destinato all’esportazione. La fa da padrone il bianco, che ammonta al 20% del totale prodotto in tutta la Francia.

I vitigni coltivati sono sette: il Riesling, forse il più conosciuto, il Pinot gris, una volta noto come Tokay, il Gewürztraminer e lo splendido e meno diffuso Muscat d’Alsace sono i più significativi. A questi vanno aggiunti: il Pinot blanc, delicato e fresco, il Sylvaner, leggero e molto profumato e il Pinot noir, l’unico rosso d’Alsazia, che in questa regione, come nella Loira, si serve freddo.

UN TERRITORIO STORICAMENTE VOCATO – I vini alsaziani devono le proprie caratteristiche, che ne hanno determinato il successo, a due fattori fondamentali: le eccezionali condizioni climatiche e la conformazione dei terreni. Infatti, questa è una zona dove la piovosità è assai scarsa (tra le più basse di Francia) e le ore di sole numerose. Ma non solo, sul microclima giocano un ruolo fondamentale i monti Vosgi, che riparano dai venti e dall’umidità provenienti dall’Oceano Atlantico le vigne distese sui colli del versante orientale. Clima, dunque, ma anche ricchezza e varietà del suolo, che passa dalle zone ricche di granito, gneiss e scisto, fino a quelle silicee e a quelle calcaree, per digradare fino alle piane alluvionali dove poi la vite si ferma. Per quanto riguarda la storia dell’Alsazia, è opportuno sottolineare che le complesse e travagliate vicende storiche, come il fatto che la regione abbia cambiato bandiera quattro volte fra la fine dell’Ottocento e la metà del Novecento, non hanno impedito lo sviluppo di una tradizione viticola che affonda le proprie radici al tempo dei Romani. Alla fine del primo millennio si contavano oltre 160 distretti dediti alla coltura della vite e nel Medioevo i vini alsaziani erano considerati fra i più cari del mondo; alla fine della seconda Guerra mondiale, nonostante le devastazioni del periodo bellico, erano molte le vigne storiche sopravvissute.

LE DENOMINAZIONI – Oggi l’Alsazia è una regione vinicola fra le più avanzate d’Europa: all’avanguardia sia sotto il profilo della tutela del territorio e della qualità sia a titolo turistico, proponendosi come una destinazione d’eccellenza per il visitatore appassionato. I vini sono identificati in base al livello qualitativo e si distinguono in Appellation Aoc Alsace e Appellation Aoc Alsace Grand Cru: per aver diritto all’Appellation d’Origine Contrôlée Alsace Grand Cru, i vini devono provenire da uve raccolte in 52 territori titolati e strettamente delimitati dei vigneti alsaziani. Sono solo quattro i vitigni autorizzati a divenire grand cru: Riesling, Gewürztraminer, Pinot gris e Muscat d’Alsace; la gradazione alcolica minima deve essere di 10° per il Riesling e di 12° per il Muscat, il Gewürztraminer e il Pinot gris, con un rendimento massimo autorizzato di 70 ettolitri per ettaro. L’etichetta dei grand cru deve indicare obbligatoriamente, oltre alla Aoc, anche la località, il vitigno e il millesimo di riferimento. A questa classificazione se ne aggiungono altre due: Vendage Tardive, per vini ottenuti con uve vendemmiate in sovramaturazione, e Sélection de grains nobles, per prodotti con grappoli raccolti e selezionati a mano e, solitamente, aggrediti dalla muffa nobile, la Botrytis cinerea. Una categoria a parte riguarda i Crémant d’Alsace, spumanti ottenuti con il Metodo Classico, principalmente da uve Pinot blanc.

LUNGO LA STRADA DEL VINO: DOMAINES SCHLUMBERGER – I vini di questa regione sono caratterizzati da notevole eleganza e concentrazione superlativa, capaci di regalare grandi emozioni in abbinamento con i cibi ma, specie nel caso delle Vendages Tardives e delle Sélection de Grains Nobles, possono diventare grandi vini da meditazione. La Strada dei vini Alsaziani prende il via nei pressi di Mulhouse, capitale europea dei musei della tecnica. Lasciata la città, si raggiunge Thann, dove cominciano i 170 chilometri di un percorso goloso dove le soste sono scandite dalle visite alle Cantine e dalla scoperta di un territorio costellato da numerosi paesini da scoprire e gli infiniti appuntamenti con la gastronomia locale. La prima tappa enologica si trova a Guebwiller, unico paese in Alsazia a vantare quattro grand cru (Kitterlé, Kessler, Saering e Spiegel), dove ha sede l’azienda vinicola Domaines Schlumberger, perfetto esempio di equilibrio di tradizione e modernità. Su 140 ettari di vigna 70 sono classificati grand cru, 30 beneficiano di un regime biodinamico e i terreni ripidissimi vengono ancora arati con i cavalli: dispone inoltre di 120 grandi botti di legno secolari alle quali è stato applicato un moderno sistema di termoregolazione, e le rese per ettaro sono bassissime (45 ettolitri su tutta la proprietà). Il risultato è una serie di vini che si caratterizza per eleganza, finezza e concentrazione su tutta la gamma: brillano i grand cru, in particolare il Gewürztraminer Kessler, vino sensuale, di grande struttura, con il suo naso complesso, speziato e floreale e il gusto rotondo e vellutato con ricordi di rose, frutti esotici, spezie e quel finale così fresco e pulito; da ricordare anche il Riesling e il Gewürztraminer della linea Les Princes Abbés, per non parlare delle splendide vendemmie tardive prodotte solo nelle annate migliori. Si lascia la Cantina degli Schlumberger con la sensazione di aver incontrato persone con un rispetto estremo della terra.

MAISON FRICK – Di nuovo in viaggio, si supera il borgo di Rouffach, dominato dal castello d’Isenbourg, oggi trasformato in un raffinato hotel cinque stelle, prima di arrivare a Pfaffenheim, piccolo paesino che ospita l’azienda della famiglia Frick, 12 generazioni di vignaioli nel medesimo luogo e una conoscenza e una sensibilità nei confronti del territorio che li ha portati a scelte anche radicali. Nel 1970 la conversione di tutto il domaine in agricoltura biologica, nel 1981 le prime sperimentazioni in regime biodinamico e dal 2002 la decisione di abbandonare il tappo di sughero a favore di capsule coronate in acciaio inox con un disco di polietilene che assicura l’impermeabilità. Una scelta che Pierre Frick motiva con l’impossibilità di reperire sul mercato prodotti in sughero che garantiscano la salute del vino. Il regime biodinamico interessa tutti gli stadi della vinificazione e l’uso di prodotti chimici è scomparso dalla cantina. Dal 1999 alcune delle cuvée vengono imbottigliate senza zolfo. Il risultato sono vini che non tradiscono quel carattere un po’ sempliciotto di certi biodinamici che s’incontrano dalle nostre parti. I vini della Maison Frick risultano fini, equilibrati, caratterizzati da notevole struttura e complessità che raccontano con grande personalità il terroir di cui sono figli. Vogliamo ricordare lo splendido Gewürztraminer Vendages Tardives – Grand Cru Steinert, con i suoi sentori di rosa, liquirizia e ananas, il gusto rotondo con ricordi di miele, di mela cotogna e rosa e il finale lunghissimo reso ancor più fresco dalla nota di ginepro che rimane in bocca, ma anche il Riesling e il Gewürztraminer della linea Cuvée Precieuse che si fanno notare per la loro pienezza oltre che per il rapporto qualità – prezzo.

MAURICE SCHUELLER – Pochi chilometri più a nord, a Gueberschwihr, opera l’azienda vitivinicola Maurice Schueller, un altro piccolo produttore capace di ottenere vini di enorme personalità. Una Maison che conta una dozzina di ettari lavorati in maniera molto tradizionale, il privilegio di avere tre vigne nel grand cru Goldert e un vitigno, il Muscat d’Alsace, che la famiglia Schueller sa portare allo stato dell’arte. Provatene una bottiglia insieme agli asparagi con le uova e il burro fuso e scoprirete un vino, da noi poco conosciuto, completamente diverso dal suo omonimo della Loira; un prodotto di notevole eleganza e pulizia rigorosa, secco, rotondo e fruttato, assai complesso, dal naso ampio, di aromaticità schietta. Il gusto è minerale, pieno, con sentori di agrumi, quarzo, anice. Il finale lunghissimo, di grande pulizia, con ricordi balsamici. Fra i vini di Schueller, da ricordare anche un Riesling da vecchie vigne, che sposa splendidamente il cotechino e poi un ottimo Gewürztraminer Grand Cru Goldert da abbinare ai formaggi erborinati. Colmar è alle porte, con i suoi vecchi edifici, le ricche facciate, i canali e i vicoli. Percorrendo la zona pedonale, una delle più grandi d’Europa, si può ammirare il patrimonio artistico che va dal Medio Evo al XX secolo. Molto caratteristico il Quai de la Poissonnerie, quartiere dove un tempo veniva venduto il pesce, oggi chiamato Petite Venise.

ZIND HUMBRECHT – Lasciata Colmar, si entra nella parte più suggestiva dell’Alsazia con i colli e i vigneti che regalano una successione emozionante di prospettive. Uno dei paesi più caratteristici è proprio Turckheim dove si trova la Cantina Zind Humbrecht, uno dei nomi meglio conosciuti della regione. Costruita agli inizi degli anni Novanta nel vigneto dell’Herrenweg, è una struttura notevole, edificata con criteri di risparmio energetico e di ergonomia del lavoro. Il Domaine Zind Humbrecht è condotto dal Duemila in regime di coltura biodinamica e l’uso di anidride solforosa per il mantenimento dei vini è quasi bandito; le rese per ettaro vengono tenute a limiti bassissimi e le maturazioni ritardate al limite dell’equilibrio alcool/acidità, al fine di ottenere vini di grande struttura e potenza, conferendo agli stessi una longevità inusuale, che può tranquillamente oltrepassare i 25/30 anni in condizioni di assoluta freschezza. La genialità e l’intraprendenza della famiglia Humbrecht con Léonard e sua moglie Généviève che hanno creato la proprietà, affiancati oggi dal figlio Olivier e da sua moglie Margaret, ha dato vita a un’azienda di riferimento in Alsazia che oggi vanta 40 ettari in proprietà, fra i quali si distinguono il Clos Saint Urbain au Rangen de Thann, in cui si producono Riesling, Pinot gris e Gewürztraminer (Alsace Grand Cru), un vigneto unico, cioè un monopole, con una pendenza di oltre il 70%. I vini che nascono da queste uve sono unici come la terra che li genera: basti pensare allo strepitoso Clos Saint-Urbain Grand Cru Pinot gris. Seducenti per l’equilibrio fra potenza, concentrazione ed eleganza anche Hengst Grand Cru Gewürztraminer e il Brand Grand Cru Riesling.

MEYER-FONNÉ – La strada dei grand cru prosegue serpeggiando fra le vigne fino all’abitato di Niedermorschwihr, dove si resta incantati dal profumo delle marmellate di Christine Ferber. Tra le confetture più sfiziose ci sono quelle allo Champagne Veuve Clicquot, alle fragole di bosco con i petali di rosa e all’amarena e menta. Subito a nord di Niedermorschwihr si entra a Katzenthal dove va visitata la Cantina Meyer-Fonné. Viticoltori da tre generazioni, 12 ettari di vigna sparsi in sette comuni nel cuore dell’Alsazia, cinque grand cru (Wineck-Schlossberg, Kaefferkopf, Furstentum, Sporen e Schoenenbourg) e una filosofia di lavoro che fa cardine sul concetto di flessibilità. Una flessibilità volta ad assecondare le necessità delle diverse vigne, delle diverse stagioni e annate, per ottenere vini sempre vicini al territorio e aderenti alle mutevoli condizioni che la natura impone. Un’attitudine di grande rispetto che filtra nel carattere unico dei vini di casa Meyer-Fonné. Nota a livello internazionale per i suoi Gewürztraminer marcati da un’acidità vibrante, fra i vini di questa Cantina brilla anche il Muscat Vignoble de Katzenthal, snello, fresco, di grande finezza, da provare come aperitivo. Splendido il Riesling Grand Cru Wineck-Schlossberg di eleganza e profondità siderali che ben si sposa con le preparazioni a base di uova, in particolare omelette e sformati agli asparagi.

BINNER – Ecco Ammerschwihr dove incontriamo un’altra famiglia di vignaioli votati alla produzione di vini totalmente naturali: i Binner. Viticoltori dal 1770, oggi dispongono di 11 ettari di vigna dislocati per lo più nei tre superbi grand cru di Schlossberg, Kaefferkopf e Wineck-Schlossberg. I Binner vinificano esclusivamente le proprie uve, un dato questo, che non è scontato in Alsazia dove molti le acquistano, e a volte comprano addirittura il succo. Non solo, l’azienda, condotta con passione dai quattro membri della famiglia, vanta pratiche di agricoltura biologica e biodinamica certificata, inerbamento del terreno fra i filari per proteggerlo dall’erosione, vendemmie in ottobre e novembre per ottenere la massima concentrazione, e raccolte esclusivamente manuali. La vinificazione parte da una spremitura lenta e prolungata, quindi fermentazioni lunghe a bassa temperatura, senza alcuna aggiunta o pratica di cantina, affinamento sui lieviti in grandi botti di legno centenarie, nessun filtraggio e riposo in bottiglia per almeno tre anni prima della commercializzazione. Per molti sarebbe un puro suicidio commerciale, ma non per i Binner. I vini sono potenti, pieni di carattere oltre che di struttura. Citiamo il Riesling Grand Cru Schlossberg, vino immenso ma elegante, potente ma rigoroso, che nasce sul granito della valle di Kaysersberg, dove la roccia letteralmente affiora e regala quella mineralità che caratterizza questo Riesling pieno, indimenticabile e capace di lungo invecchiamento. Altrettanto unico il Muscat Kaefferkopf Cuvée Beatrice, splendido, nitido, aromatico, caratterizzato dal finale lunghissimo fresco e minerale. Interessante è poi provare anche l’ottimo Riesling Wineck-Schlossberg per capire quanto sia evidente la differenza di vigneto a parità di vitigno e lavorazione.

WEINBACH, PAUL BLANK E SIPP-MACK – Arrivati a Kaysersberg, borgo fortificato sul fiume Weiss, con la sua spettacolare conca di vigneti, bisogna visitare il Domaine Weinbach dove Colette Faller, insieme alle sue due figlie, produce etichette fra le più titolate d’Alsazia. Si tratta di vini di grande eleganza e sensualità, basti pensare al Riesling Grand Cru Schlossberg Cuvée Sainte Catherine L’Inedit!, vino di splendida raffinatezza e maturità, in perfetto equilibrio fra snellezza nitida e corposità opulenta, da abbinare all’astice e alle capesante. Poco lontano, a Kientzheim, ci si può fermare al Domaine Paul Blanck, famiglia di vignerons dal 1610. Oltre a visitare la cantina, si assaggiano gli ottimi vini che Chantal Blank illustra con passione. Brilla lo strepitoso Riesling Grand Cru Furstentum Vieilles Vignes, capace di invecchiare a lungo, regalare grandi emozioni e accompagnare situazione che vanno dai formaggi di capra, ai crostacei fino alla meditazione. Subito prima di arrivare a Ribeauvillé, si incontra l’abitato Hunawihr in posizione particolarmente bella circondato da un anfiteatro spettacolare di vigne. È qui che incontriamo Jacques Sipp, titolare dell’azienda Sipp-Mack, che ci racconta con passione e competenza come nascono i suoi vini grazie alle prerogative di un terroir particolarmente vocato. La verticale dei suoi Riesling Grand Cru Rosacker è indimenticabile. Il 2000 è uno dei Riesling più interessanti mai provati, caratterizzato da un bouquet ampio, complesso, fine. Di grande mineralità, con sentori di pietra focaia, idrocarburi appena accennati, quarzo, banana, cedro caramellato e pompelmo rosa. Il gusto è secco, potente, quasi opulento con note di spezia, fichi, tabacco e incenso. Il finale lunghissimo regala ricordi balsamici, di limone e nocciola tostata. Si tratta di un vino da invecchiare almeno 15 anni e bere da solo, oppure tentando un abbinamento con i frutti di mare.

RÉMY GRESSER – A Ribeauvillé bisogna fermarsi alla Maison Liesel, tempio del foie-gras, perfetto con certi Pinot gris e Gewürztraminer della zona. Da non perdere anche la Cantina di Jean Paul Metté, dove si possono degustare oltre 80 distillati. I più curiosi sono all’aglio, al basilico, agli asparagi e al pepe. Il viaggio prosegue in direzione di Andlau, a metà strada fra Colmar e Strasburgo, per visitare una delle aziende più interessanti d’Alsazia: Rémy Gresser. Quattro secoli di storia, 10 ettari e mezzo di vigna, tre grand cru (Kastelberg, Wiebelsberg e Moenchberg), una filosofia di vita e di lavoro che mette il terroir al centro di ogni scelta: dall’agricoltura biologica e biodinamica al rispetto per l’equilibrio naturale fra flora e fauna che permette all’uomo di svolgere il proprio lavoro in armonia con l’ambiente che lo circonda. Una convinzione che si esprime anche in cantina dove i ritmi della fermentazione e della maturazione dei vini di Gresser sono determinati dalla natura. Assolutamente formidabile il Riesling Grand Cru con la sua elegante mineralità, in perfetto equilibrio fra concentrazione e pulizia. Si tratta di un vino che esprime in modo netto il terroir, molto fruttato al naso, complesso e rigoroso in bocca, con un finale lunghissimo e fresco. Vino capace di regalare notevoli sensazioni. Ottimo con il sushi e i crostacei. Seducente il Gewürztraminer Duttenberg Vieilles Vignes, un vino quasi opulento, ma fresco, minerale, pieno, concentrato e potente, dove l’acidità regala lunghezza aerea a un finale di grande pulizia. Da ricordare anche l’ottimo Pinot gris Clos de l’Ourse Vieilles Vignes; di grande struttura e concentrazione, è caratterizzato dall’equilibrio fra estratto, residuo zuccherino e acidità. Ne esce un vino inconsueto e intrigante, tanto al palato quanto per gli abbinamenti che vanno dal foie-gras spadellato fino alle carni bianche e il pollame. Ultima tappa a Barr dove rimane uno degli ultimi bottai della regione e quindi attraverso un paesaggio ordinato dalle vigne si torna verso la pianura prima di raggiungere Strasburgo con i suoi canali, i suoi palazzi á colombage e il parlamento europeo.

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Una doppia cerchia muraria, porte austere e torri massicce, degne di una fiaba cavalleresca, ci danno l’idea che il piccolo borgo alsaziano di Riquewihr (in francese Riquevire) sia un gioiello che merita di essere protetto. Se un tempo le fortificazioni servivano da difesa contro gli attacchi nemici, oggi lo scrigno antico delle mura fa da spartiacque tra il sogno e la realtà, come ad avvertire i visitatori che stanno per addentrarsi in un mondo magico. E in effetti l’atmosfera che si respira in questo lembo orientale della Francia, nel dipartimento dell’Alto Reno, sa inebriare i sensi e stuzzicare l’immaginazione, risvegliando emozioni dimenticate.

Sarà perché Riquewihr è piccola, a misura di bambola, e conta appena 1200 anime; sarà perché è circondata da paesi altrettanto interessanti come Colmar e Ribeauvillé… fatto sta che la cittadina viene considerata tra le più belle del paese, e pochi riuscirebbero a sostenere il contrario: aldilà delle antiche mura c’è una campagna dai toni caldi, con colline dolci traboccanti di vigneti e costellate di borghi minuti. In settembre il sole inonda i campi di una bella luce ambrata, e le viti luccicano con i loro acini dolci, pronti ad essere utilizzati per la produzione di un Riesling squisito.

Ma la quiete attuale non ha sempre regnato a Riquewihr: la storia ha messo a dura prova le sorti del centro, facendolo scenario di guerre e battaglie, eppure gli edifici più belli hanno scampato i maggiori pericoli e oggi si possono ammirare le architetture locali nella veste originaria del XVI secolo. Una vicenda curiosa si era verificata nel XIV secolo: nel 1324 i signori di Riquewihr avevano venduto il feudo al Duca di Wurtemberg, ma il Vescovo di Strasburgo, non essendo stato informato dell’operazione, aveva deciso di colpire il maggior tesoro del borgo, le cantine. Ai soldati venne ordinato di ingurgitare quanto più vino potessero, e il resto venne caricato su dei carri diretti a Strasburgo.

Eppure nessuna controversia è mai riuscita a impoverire davvero Riquewihr, o almeno non a lungo, e grazie alle vigne e alle sue bellezze architettoniche, cui si aggiungono un’accattivante tradizione culinaria e suggestive feste nell’arco dell’anno, la cittadina ha fatto innamorare innumerevoli visitatori anno dopo anno. Il centro storico è completamente pedonale, dominato dalla quiete: soltanto il corri corri dei pedoni nei momenti più vivaci, il chiacchiericcio allegro dei passanti e la musica di qualche artista di strada spezzano la tranquillità. La Rue Général de Gaulle attraversa la cittadella ed è costeggiata da vecchie case: da vedere la Maison Irion del 1606, col suo grazioso balcone angolare, poco lontana dal vecchio pozzo del XVI secolo. E ancora la Maison Jung-Selig del 1561 con le travi scolpite, la Maison Liebrich del 1535 con la sua corte accogliente, la Maison Behrel del 1514 e la Maison Preiss-Zimmer, antica Locanda della Stella, del 1686. Infine la casa del fabbricante di chiodi del 1660.

Ma la fiaba vera comincia dalla Torre del Dolder, indiscutibile simbolo della città: qui, in questa struttura medievale in pietra che funge anche da porta d’accesso, da torre campanaria e da torre di guardia, è allestito il ‘Museo di storia locale’. All’interno della fortificazione del 1291, rinforzata nel corso del XV e del XVI secolo, oggi si possono ammirare utensili di vario tipo, tra mobili austeri, incisioni interessanti, armi e attrezzi da lavoro.

Eppure non c’è bisogno di visitare un palazzo in particolare o di entrare in un museo per respirare un po’ di storia e comprendere lo spirito autentico dell’Alsazia: tutto, a Riquewihr, sembra un’opera d’arte raffinata, testimone di un momento storico glorioso e allo stesso tempo di un gusto delicato, che ricorda il paese dei balocchi. L’intreccio di strade è orlato di dimore antiche, dai colori accesi e le decorazioni caratteristiche, con balconi traboccanti di fiori e i comignoli fumanti nella stagione più fredda.

Proprio la stagione fredda è senza dubbio quella più affascinante, quando l’aria pungente fa apprezzare ancora di più il tepore di una taverna o la dolcezza ristoratrice di una bevanda calda. È anche il momento dei festeggiamenti, e infatti il borgo indossa l’abito della festa, tempestato di luci e gremito di bancarelle: nel periodo natalizio la via principale del paese è completamente invasa dal mercatino di Natale, con l’esposizione di oggetti artigianali e di dolciumi tipici dal profumo speziato. Le case a graticcio si colorano di addobbi e il negozio di Käthe Wohlfahrt si trasforma in un vero e proprio ‘villaggio natalizio’, allestito all’interno di una dimora colombage e popolato di streghe, gnomi e folletti. Nelle botteghe, nelle piazze e nelle strade cittadine l’incanto dura dalla fine di novembre alla fine di dicembre, ma in ogni periodo dell’anno è un piacere camminare nel centro di Riquewihr e scoprire le bellezze paesaggistiche dell’Alsazia.Colmar3

Il merito è anche del clima, caratterizzato da inverni rigidi con un’aria pura e argentina, e da estati miti con temperature non troppo alte, mai appesantite dall’afa.

Ristorante a Riquewihr

Ribeauvillé

Ribeauvillé (in tedesco Rappoltsweiler) è un comune francese di 4.929 abitanti situato nel dipartimento dell’Alto Reno nella regione dell’Alsazia.

Nel medioevo, i signori di Ribeauvillé erano “re” dei menestrelli e trovatori di tutta l’Alsazia.

La leggenda narra di un signore della città che, incontrando in strada un pifferaio disperato per aver perduto il proprio strumento, attorniato dalla sua famiglia in lacrime terrorizzata dalla fame incombente, gli regalò una borsa di monete, dimenticando subito l’episodio.ROUTE-DE-VIN-ALSACE-001

Qualche giorno dopo arrivò al castello un grande sorprendente corteo, capeggiato dal pifferaio che suonava uno strumento tutto d’oro, composto da tutti i possibili artisti ambulanti: suonatori di trombe e tamburi, menestrelli, domatori di orsi, di cani, di gatti, di scimmie – e insomma tutta la straordinaria corporazione degli artisti ambulanti, che veniva a nominarlo proprio re, in segno di gratitudine per la sua generosità.

Così da allora, tutti gli anni, quelli che oggi chiamiamo musicisti ed artisti di strada convennero a Ribeauvillée per una grande festa. Questa festa dei menestrelli si ripete ancor oggi, la prima domenica di settembre, con un grande corteo folkloristico e festival di musica medioevale.

Castello di Haut-KœnigsbourgChateauduHautKoenigsbourg1

Il castello di Haut-Kœnigsbourg (in francese: château du Haut-Kœnigsbourg; in tedesco: Hohkönigsburg) situato sulla cima del monte Stophanberch (755 m), in Alsazia nel comune di Orschwiller presso Sélestat e Saint-Hippolyte, venne citato per la prima volta nel XII secolo.

Lo Stophanberch o Staufenberg si trova all’incrocio di importanti vie commerciali: del grano e del vino (la route des vins, in direzione N-S) e dell’argento e del sale (in direzione O-E) e nel 1114 Federico II di Svevia ne iniziò la costruzione ben comprendendone l’importanza strategica.

Di proprietà degli Asburgo, passa ai Tierstein (come feudo) nel 1479. Questi lo ricostruirono e munirono di artiglieria per un adeguato sistema difensivo.

Durante la Guerra dei Trent’anni il castello resistette per oltre un mese all’assedio degli svedesi ma, alla fine, cadde, venne saccheggiato ed incendiato.

Dopo oltre due secoli di abbandono, nel 1865 divenne di proprietà della non lontana città di Sélestat, la quale nel 1899 fece dono di queste rovine (peraltro conservatesi molto bene) all’imperatore tedesco Guglielmo II di Hohenzollern. Dal 1871 infatti l’Alsazia era parte dell’Impero tedesco.

Il restauro venne affidato all’architetto Bodo Ebhart, un esperto di fortificazioni e studioso del medioevo, ed i lavori durarono dal 1900 sino al 1908 mentre le rifiniture continuarono fino al 1918.

Un anno dopo, nel 1919 col trattato di Versailles i beni della corona tedesca passarono alla Francia che divenne così proprietaria di Haut-Kœnigsbourg.chateau-haut-koenigsbourg3

Nel 1936, è uno dei luoghi in cui si svolgono le riprese del film La grande illusione di Jean Renoir.

Cenni architettonici

L’attuale castello è il risultato di una minuziosa opera di recupero architettonico, effettuata da Ebhart secondo le indicazioni dell’imperatore Guglielmo II il quale intendeva fare del castello un museo del medioevo oltre che un simbolo della potenza dell’impero.

I lavori di restauro iniziarono da rilievi fotografici, partendo dalle tracce romaniche ancora presenti, ed Ebhart per la ricostruzione di parti fondamentali (mancanti) studiò l’architettura di castelli analoghi del medesimo periodo storico.

Il risultato della ristrutturazione fu controverso anche se, come effetto finale, il castello ora rende bene l’idea di ciò che doveva essere una roccaforte del XV-XVI secolo.

FRIBURGO

La Friburgo tedesca (ne esiste anche una omonima in Svizzera) è storicamente nota come la capitale della Foresta Nera ed è qui che infatti questa bella cittadina universitaria è situata, nella regione amministrativa di Baden-Württemberg, a circa 40 km dal confine francese e 60 dalla vicina Svizzera.

La sua collocazione ne fa una delle città tedesche di maggiore attrativa turistica e giovanile, e non solo. Gli amanti della natura la prediligono per la sua suggestiva geografia e il suo particolare territorio di origine vulcanica. Non mancate di visitare la selvaggia Foresta Nera che si estende, tra verdi vallate e laghetti romantici, per circa 13.500 km² al confine con la Francia e la Svizzera; o di ammirare la suggestiva valle di Hollental (la Valle dell’Inferno) dove gli amanti del trekking troveranno, tra sentieri e piccole cascate, la direzione per raggiungere il monte Zugspitze, la montagna più alta della Germania, situata al confine con l’Austria.

Terra di origine vulcanica, tutta l’area di Friburgo gode inoltre di un clima mite e solare, pare infatti essa sia la regione più calda della Germania. Tale è la combinazione favorevole tra clima e territorio che Friburgo è anche conosciuta per la sua storica produzione di vini.

Tra i giovani, e in particolare nell’ambiente Erasmus, la bella e solare Friburgo è conosciuta per essere una cittadella universitaria, sicuramente la più popolare in Germania, arrivando ad avere una popolazione universitaria di ben oltre i 25 mila studenti. Ma il numero degli studenti cresce ogni hanno sempre più, visti i nuovi progetti in ambito comunitario e internazionale come il nuovo Erasmus Mundis. Rimasta per ben quattro secoli sotto la corona austriaca, Friburgo ha orientato la propria vita economica e intellettuale attorno alll’Università, che fu appunto fondata nel 1457.

La cittadina in se che conta poco più di 250.000 abitanti offre numerosi siti culturali, storici e architettonici, tra questi l’emblema di Friburgo, la sua Cattedrale (Münster) con il suo alto campanile in stile gotico (116 m) la cui cima si raggiunge con 600 piccoli gradini, l’antico edificio artigianale Kaufhaus o le antiche porte della città o la verde collina Schlossberg; e ancora colorati ristorantini, locali all’aperto e piccole taverne o bars, punto di incontro del mondo universitario, il tutto condito dalla purezza dell’aria e dai profumi della foresta.header_Freiburg-Altstadt-dpa21384689

Di particolare interesse sono, inoltre le tradizioni locali di Friburgo, come il festival del vino nella seconda metà di settembre o il Carnevale (Carneval as Freiburg) celebrato in maniera peculiare con danze nelle strade.

Anche l’urbanistica è una tradizione a Friburgo e questo è in particolare accentuato dai noti Bächle, dei piccoli canalini pieni d’acqua, più comunemente chiamati ‘rivoli’ (larghi circa 30 cm e profondi 5-10 cm), presenti nelle strade pedonali del centro della città; un tempo venivano costruiti come parte del sistema fognario e usati per sopperire alle emergenze portate dal fuoco in caso di incendi. Non si possono poi non notare i caratteristici ‘mosaiken’ di Friburgo, dei disegni a mosaico situati a fronte negozio nella pavimentazione dei marciapiedi che raffigurano l’attività del locale: un mosaico raffigurante una caraffa di birra quindi indica un pub, Gasthau, (che inoltre sono anche rappresentati da delle caratteristiche statue satiriche in legno), un diamante indica la presenza di una gioielleria, una mucca di una macelleria, e così via.

Le attrazioni a Friburgo non mancano e il visitatore ha una vasta scelta attrazioni da ammirare, dalle vellutate colline della Foresta Nera al simbolo cittadino della Cattedrale di Munster che insieme alle tante vive attrazioni culturali, ai bar, i ristoranti o ai club fanno di Friburgo una delle mete più ambite delle Germania e del suo confine con la Francia e la Svizzera.Friburgo,-Alemania

Ristoranti a Friburgo

La cucina dell’Alsazia

L’Alsazia è terra di alta cucina e patria di innumerevoli specialità. Il genio della cucina alsaziana consiste nel saper adoperare gli ingredienti più semplici (uova, patate, cavoli, ecc.) per creare veri e propri capolavori. È una cucina di origine contadina “imborghesita” da creazioni deliziose quali il foie gras, il pâté in crosta e la pasticceria, senza tradire la sua essenza.

-Birra

I birrai alsaziani erano riuniti in corporazione già nel 1268! E oggi la loro passione per la birra è la stessa di allora. Più della metà della birra consumata in Francia viene infatti prodotta in Alsazia.

Le birrerie

-Bibeleskäs

Questo formaggio fresco contadino viene servito con patate saltate. C’è chi lo preferisce su un letto d’aglio, di prezzemolo, di erba cipollina o di cipolla.

-Pretzel

Questo salatino a forma di cuore è il simbolo dei panettieri fin dal XIV secolo. La sua origine è tanto lontana quanto misteriosa.

Baeckeoffe

Pasticcio di patate stufate nel vino bianco alsaziano che associa tre tipi di carne: maiale, manzo e montone. Viene cotto in un piatto speciale sigillato da una pasta salata.

-Carpe (“carpa”)

Allevata negli stagni fin dal XII secolo, viene degustata in vari modi, fra cui le ricette della cucina tradizione ebraica.

Choucroute

Il cavolo grattugiato e messo a salamoiare nelle botti, una volta era l’unica verdura invernale. La choucroute, piatto forte della gastronomia alsaziana, viene consumata in tutte le stagioni, guarnita da salumi o, in versione “light”, pesce.

-Civet (“salmì”)

La lepre e il coniglio trovano in da questa salsa marinata nel vino il condimento perfetto. Come contorno: spätzle, nouilles pasta all’uovo o pflüte (polpettine di patate).

Flammekueche o Tarte flambée

Per molti ristoranti di campagna rappresenta praticamente l’unica scelta. E’ una pasta sottile ricoperta di crema acida, cipolle e lardelli e servita su di un tagliere di legno. È una specie di pizza che si divide fra i convitati e si mangia con le dita. È inutile ordinare il bis: ve ne portano fino a che non dite stop.

-Fleischschneke

I fleischenschneke (“girelle di carne”) vengono preparati mettendo della carne su uno strato di pasta che viene arrotolata, tagliata e bollita nel brodo. Ecco un altro tesoro il cui segreto è custodito dalla cucina alsaziana.

-Foie gras

Il pâté de foie gras d’oca è stato inventato dal cuoco strasburghese Jean-Pierre Clause intorno al 1780, ma un valido contributo era stato dato dai Romani, per aver introdotto il bel volatile in Alsazia, e dagli ebrei, esperti nell’arte dell’ingrassaggio e della conservazione del fegato, che avevano portato con sé dopo la fuga dall’Egitto.

Kougelhopf

Simbolo dell’Alsazia a tavola, questo dolce briosciato ha una forma particolare che invita alla condivisione. Dolce o salato, viene assaporato con uvetta e mandorle, o in versione salata con lardelli e noci.

-Knack

Queste salsicce devono il proprio nome allo schiocco che producono sotto i denti (“knacken” in tedesco). Sempre presenti sulla choucroute, le knack sono l’ospite d’onore di tutte le feste di paese.

-Lewerknepfle (polpette di fegato)

E un piatto delizioso che esprime bene lo spirito della “cucina della nonna”, che sfrutta le frattaglie con creatività.

-Männele (“omino”)

Brioche a forma di omino che viene fatta a dicembre intorno alla festa di S. Nicola. In Alsazia, tutti i momenti importanti del calendario corrispondono a un dolce particolare.

-Matelote

Tranci di pesci d’acqua dolce assortiti, arricchiti da una crema al Riesling e serviti con nouilles.

-Munster

L’invenzione di questo formaggio è attribuita all’abbazia di Munster e risalirebbe al 1339 circa. Il suo odore forte non ha niente a che vedere con il sapore, delicato e gustoso. Il munster si gusta freddo o fuso sulle patate.

-Navets salés (“rape salate”)

Sono rape bianche tagliate in grosse strisce e messe in salamoia come la choucroute. È un piatto invernale che accompagna lo zampetto o le salsicce.

-Pâtes (“pasta”)

Per secoli si è creduto che gli inventori della pasta fossero gli Alsaziani (quando ancora non si conoscevano i Cinesi). Una cosa è certa, la pasta alsaziana, ricca di uova, è unica al mondo.

-Pasticcini

Gli alsaziani vanno pazzi per i pasticcini. Le creazioni contemporanee a base di mousse di frutta si sposano benissimo con quelle classiche: crostate di frutta o al formaggio, brioches, meringhe glassate, ecc…

-Presskopf

Del maiale non si butta niente, dice il proverbio. Questo pâté, anche conosciuto come “fromage de tête” (“formaggio di testa”) ne è l’esempio più lampante.

-Quetsche (“susina”)

La prugna, che nel Sud della Francia si fa seccare, qui ha un altro destino: viene gustata nelle torte, nelle marmellate o nei distillati.

-Raifort (“rafano”)

Il rafano, letteralmente “radice forte”, è una pianta della famiglia della senape. È un condimento che accompagna perfettamente con il suo sapore deciso la carne da lesso.

-Roïgebradeldi

I roïgabrageldi fanno parte del pasto montanaro servito negli agriturismi dei Vosgi. Sono patate cotte a fuoco lento con cipolle e lardelli, a riprova che anche con gli ingredienti più semplici, la cucina può raggiungere vette inaspettate.

-Salade de pommes de terre (“insalata di patate”)

Servita fredda o tiepida, quest’insalata ben condita accompagna knack, prosciutto o spalla affumicata.

-Spätzle

Pasta grossa e irregolare che in altri tempi si faceva in casa. Accompagna perfettamente la lepre in salmì o il coq au vin

.

-Torta di cipolle

E’ un tipico stuzzichino da birreria servito in tutti i winstub. Per le buone forchette fa da antipasto, per gli altri è un delizioso piatto unico.

-Tourte (“pasticcio”)

La tourte vigneronne (“pasticcio del vignaiolo”) è uno dei piatti serviti negli agriturismi. È fatta di carni marinate e messe in una pasta sfoglia, spesso con l’aggiunta di una goccia di Riesling: una vera delizia.

-Schnaps (acquavite)

L’acquavite spesso conclude un buon pasto. Può essere a base di fragole, lamponi, prugne, mirabelle, susine, ciliegie, pere o gewurtztraminer. Dallo schnaps nasce la “Schnapsidea”: termine grazioso che designa l’idea geniale e bislacca che cambierà il mondo.

Vini alsaziani

L’Alsazia è una grande regione vinicola. I suoi vini “DOC“ sono conosciuti per i loro ceppi; ce ne sono 7: Gewurztraminer, Moscato, Pinot bianco, Tokay Pinot Grigio, Pinot Nero, Riesling e Sylvaner. Apprezzati in tutto il mondo, questi grandi bianchi fruttati e leggeri si degustano all’aperitivo e accompagnano a meraviglia la choucroute o il pesce.

Wädele

Piccolo zampetto o spalla di maiale che si serve spesso con la choucroute. È il piatto tipico dei winstub.

Winstubs

Locande che fanno da bere e da mangiare, famose per la loro convivialità. La cucina è tradizionale e l’atmosfera spesso eccezionale.

Acquisti

Vini: ovviamente i già citati Riesling, Gewurztraminer, Sylvaner, Pinot banc e noir nelle cantine o in negozi specializzati

Leccornie: l’Alsazia è famosa per la preparazione del foie gras (fegato d’oca) confezionato in vasi di vetro fatevi consigliare nei negozi. Di ottima qualità è anche il formaggio Munster acquistato confezionato per evitare in pullman odore.

Ceramica: stampi per dolci e boccali sono famosi e splendidamente decorati

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Addobbi natalizi: in quasi ogni cittadina che visiteremo troverete negozi che tutto l’anno vendono decorazioni natalizie di grande pregio e originalità.

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